Le opere di Jeanine Brito sono quello che non ti aspetti dalle fiabe | Collater.al

2023-03-08 17:35:40 By : Ms. May peng

I sogni e i ricordi svaniscono, si frammentano e mutano nel tempo, lo sa bene l’artista tedesca di adozione canadese Jeanine Brito (1993) che basa la sua ricerca pittorica sull’evanescenza dei sogni. L’uso del taglio fotografico e le composizioni delle sue opere in acrilico riflettono la sua formazione nel campo della moda e del design, evidente anche nella meticolosa cura che l’artista pone nei dettagli.

Le grandi tele realizzate dalla Brito raccontano frammenti di un ricordo o di un sogno, caricati di drammaticità e teatralità. Janine è spesso il soggetto principale delle proprie opere, in cui vive scene apparentemente quotidiane ma che celano dettagli surreali e inaspettati. La percezione razionale del mondo viene del tutto messa in discussione da elementi anomali, come nell’opera “Everything I’ve Ever Wanted” in cui una torta rosa a tre piani è farcita di carne e pesce. Un altro esempio è l’opera “Everything I did, I did for love” nella quale la protagonista è raffigurata nuda su uno sgabello, mentre tiene tra le mani un piccione. Avvicinandosi alla tela, si notano il sangue che sgorga dai suoi occhi come lacrime e il dettaglio inquietante dell’alluce mancante. 

L’ordinario e lo straordinario sono posti in dialogo, disorientando il pubblico che, incerto e stupito, ammira le sue tele. L’uso dell’immaginazione e della distorsione della realtà sono elementi distintivi del surrealismo, corrente pittorica a cui Jeanine Brito si rifà, guardando in particolare alle opere di René Magritte. Alcuni elementi utilizzati dall’artista sembrano provenire dall’immaginario metafisico di Giorgio De Chirico, come le posizioni statuarie dei soggetti e la sensazione di essere sospesi in un momento bloccato nel tempo, desolato e drammatico. 

Ciò che incuriosisce e rende speciali le tele di Janine Brito è la componente dell’inganno. Alcuni dei colori ricorrenti come il rosa e il rosso, l’azzurro principesco e l’oro scintillante – coperti alla fine da vernice lucida per aggiungere plasticità – contribuiscono a creare un ambiente che attrae lo spettatore, lo rilassa e lo pone in una sfera fiabesca, che viene poi completamente stravolta.

Ci sono città i cui muri diventano bacheche involontarie per messaggi d’amore, critica e qualsiasi altra intenzione facilmente esprimibile con un pennarello, trovato in tasca per caso o portato da casa per lasciare il proprio segno. Bologna, complice la vivace vita e lo spirito creativo di chi la abita, è una di queste città, con i portici e i vicoli del centro che diventano lo scenario migliore anche per le opere di Claudiano.jpeg, street artist e fotografo, ma anche illustratore e musicista.

Claudiano.jpeg definisce la sua arte una “street art in miniatura”, con uno stile che porta la street art nel territorio dei meme, unendo soggetti modificati dal collage a scritte sarcastiche che utilizzano giochi di parole e un cinismo divertente tipico del linguaggio social. Il concetto delle opere dell’artista si potrebbe riassumere con il titolo della sua prima mostra personale, andata in scena tra fine gennaio e inizio febbraio 2023. Il titolo “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che è instagrammabile” rispecchia il senso di gioia e leggerezza che fa da sfondo a un progetto artistico semplice, che punta sull’immediatezza dei messaggi. Claudiano.jpeg – che espande la propria arte anche ad altre città – incolla sui muri personaggi umani con teste da topo o carlino, ma anche con personaggi noti della tv e della politica, gli stessi che porta anche su tela o in digitale, un prolungamento naturale di quei portici in cui potreste trovare scritta una verità a cui non avevate mai pensato.

How do you feel? È la domanda che si pone, o meglio, a cui prova a rispondere Wenjia Wang, illustratrice cinese residente a New York. How do you feel? È anche il titolo della sua ultima serie di illustrazioni, che pone al centro il rapporto tra la mente e il corpo. La sua ricerca si focalizza sugli effetti che l’esperienza fisica ha sulla nostra psicologia e su come la nostra mente possa invece influenzare le sensazioni del corpo. Il concetto scientifico, tecnicamente Embodied cognition o Filosofia del Corpo, è interpreto graficamente da Wenjia, che raffigura in digitale gli organi e i cinque sensi, caricandoli di emozioni: occhi, orecchie, lingua e dita sono personificati e acquistano una coscienza. Attraverso un tratto leggero e sottile, riempito da colori vivaci e lucenti, Wenjia Wang rappresenta la sofferenza e il dolore, mascherati dalle composizioni armoniose ricorrenti in tutte le opere.

Nell’opera intitolata “Eye Pressure” l’occhio è compresso dai suoi stessi nervi, manifestando la sua insofferenza nei confronti della tecnologia, che lo pervade. L’intolleranza tecnologica è evidenziata anche nella raffigurazione di un orecchio e del suo timpano, che vengono colpiti da fulmini sonori, provenienti dalle casse di uno smartphone. Un dolore pungente e sottile impressiona lo spettatore attraverso scene che può quasi percepire sulla propria pelle. Un piede cammina nudo tra l’erba alta e una gigante zanzara lo punge sulla pianta. Un dito scorre lentamente su un foglio di carta, tagliando l’epidermide. Momenti statici che fanno rabbrividire e che acquistano dinamismo nelle nostre menti, proprio per la loro familiarità. L’artista Wenjia Wang isola attimi e sensazioni, creando una dimensione in cui ogni elemento si anima di vita propria attraverso uno strato di narrazione inquietante. 

Durante un’infanzia infelice nella Cina rurale, l’artista Riniifish trova rifugio nell’arte, immaginando e creando una società di animaletti stravaganti che popolano un mondo colorato e surreale, chiamato dall’artista M7 planet. I personaggi delle opere nascono prima da disegni veloci, che vengono portati in vita in digitale con l’utilizzo di software di modellazione 3D e editing video. Ma le opere di Riniifish, oltre ad esistere su carta e in formato digitale, sono entrate in un’altra dimensione dell’arte contemporanea, le illustrazioni infatti sono vendute anche come NFT da collezione. 

Gli insetti acquistano caratteristiche umane e riflettono gli stati d’animo di Riniifish, attraverso i suoi personaggi infatti l’artista compie un’auto-analisi, che le permette di prendersi cura di sé e di conoscersi. Allo stesso modo, mostrandosi al pubblico, Riniifish utilizza le composizioni delle opere per vincere con coraggio la sua riservatezza. Qualsiasi sia il suo stato emotivo, l’artista prova a rappresentarlo in un nuovo personaggio; a volte gli insetti assomigliano a bruchi e sono ritratti piangendo, altre volte sembrano rettili o creature marine che vomitano arcobaleni, il tutto è poi completato da elementi vegetali. L’universo di Riniifish è in continua espansione ed è direttamente proporzionale ai suoi cambiamenti emotivi, dunque potenzialmente infinito.

Dopo la sua ultima mostra collettiva a Dubai, l’artista arriva anche a Milano con un solo show alla galleria Numero 51 di via Caldara 51, visitabile fino al 10 marzo 2023. L’allestimento, che include tubi rosa e superfici in alluminio riflettente, si addice alle opere dell’artista che vengono esposte su una struttura di tubi bianchi. Addentrandosi nella struttura espositiva si trova anche un computer che riproduce le opere in versione animata, piccole sculture e altri dettagli che, come nelle sue opere, sono tutti da scoprire.

La pelle di ciascuno, intesa come pieghe e impronte digitali, racconta una storia unica, impossibile da trovare in qualsiasi altro ipotetico sosia o gemello. Le rughe e i dettagli delle singole parti che compongono un corpo umano dipendono da aspetti genetici, ma anche dalla storia quotidiana di ciascuno di noi. Questa unicità e la voglia di scoprire da vicino i corpi sono le basi dalle quali parte l’artista Alejandra Moros (2000), che nel suo studio di Miami realizza tele che fungono da lente di ingrandimento verso storie impersonali. Le opere dell’artista infatti non pongono l’attenzione sulle identità dei soggetti, concentrandosi piuttosto sul corpo e su dettagli qualche volta indistinguibili ma capaci di restituire una sensazione fisica come la morbidezza, oppure la pressione e la forza che le mani producono. A tutti questi primissimi piani è poi aggiunto dall’artista quello che sembra uno strato di colore uniforme, una coperta di toni che ha l’effetto di un filtro fotografico. Sembra di entrare nell’intimità di soggetti sconosciuti, ma anche di guardare tutto come fossimo scienziati chini su un miscroscopio, per una sensazione di inaspettato distacco.

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